Antenati è uno spettacolo che ripercorre l’evoluzione della nostra specie. Attraverso l’incontro immaginato con i nonni dei nonni, con le 8.000 generazioni che ci collegano ai nostri progenitori comuni, quel piccolo nucleo africano da cui tutta la nostra specie proviene. Alla parola è affidato il compito di far vedere la stirpe che ci ha preceduto, da cui abbiamo ereditato difetti e virtù. L’oralità richiede immaginazione, leggerezza e ironia; l’epica chiede gesti, fatti memorabili ed emozione; il teatro richiede di credere a ciò che si ascolta sapendo che tutto è finzione. Oralità, epica, teatro e finzione li abbiamo inventati noi.
Abbiamo inventato le cose, le parole per chiamarle e il modo per articolarle dentro un discorso e le abbiamo lasciate in eredità ai figli dei figli. Dentro il genoma di ogni individuo ci sono tracce, informazioni in codice di tutti coloro che lo hanno preceduto. Nella finzione del teatro seguendo quelle tracce si ricostruiscono i fili dei legami che permettono di organizzare una stravagante riunione di famiglia: tutti i nonni della storia chiamati a dar consiglio sul futuro della nostra specie a rischio di estinzione per catastrofici mutamenti climatici di origine antropica. I temi di fondo di questa storia sono l’evoluzione e l’ecologia. Ma, in chiave epico comica, i fatti e i problemi del presente si legano ai problemi del passato, alle difficoltà e ai pericoli attraversati dai nostri antenati in 200.000 anni.
Nessuno di noi è solo uno, nessuno è uno solo, io sono fili e non dati, fili, fili…