Blasé è la tendenza della società a far apparire ogni cosa di un colore uniforme, di un gusto che non sa di niente, uguale a mille altre cose. Blasé è l’incapacità di scegliere. Blasé è la vita del protagonista. La voglia di reagire e scrollarsi di dosso l’insoddisfazione lo portano ad entrare armato in un magazzino di e-commerce, prendendolo in ostaggio. A questo punto, la narrazione passa in mano agli ostaggi stessi: un laureato che ricopre il ruolo più infimo del magazzino, un capo settore che non vuole un cactus come compagno di vita, un’impiegata con la sindrome di Stoccolma, un esperto di marketing che cura l’immagine di una blogger che recensisce coppette mestruali. Una società che usa ogni messaggio, positivo e negativo, non per migliorarsi, ma per confermare sé stessa. Blasé è un monologo a più voci. L’unico attore in scena interpreta tutti i personaggi della storia. I caratteri, dichiaratamente grotteschi e portati all’esasperazione, rappresentano dei “tipi sociali” ben precisi. Sfiorando il ridicolo riescono comunque a creare un forte collegamento con la realtà quotidiana, premendo l’acceleratore su tutte le contraddizioni che la compongono, con un tono brillante grazie al quale ogni personaggio mantiene la sua umanità (e disumanità).
Con Marco Bianchini