nell’ambito del progetto “Un anno per la libertà di scrittura”
Testimone a tratti feroce di un’epoca dove il “sogno americano” di democrazia e pace era governato dal potere di una famiglia che offuscava con il bianco splendente di sorrisi patinati, abiti e gioielli, figli biondi e felici, una trama fatta di segreti, malattie, sesso, alcol e droga e morte. Però i miti, restano miti. E Jackie lì resta. In un altrove, che non è più la vita, dalla quale si è già congedata, ma nemmeno un aldilà, così come lo immaginiamo. Probabilmente è il paradiso o l’inferno in cui lei continua ad esistere nell’epoca della comunicazione di massa. D’altronde quest’epoca è nata con lei.
Il tempo continua ad esistere anche nel passato e si fa beffe di noi, del nostro presente, figuriamoci del futuro. Colpisce l’ossessione del personaggio per l’immagine dei sedili posteriori della limousine presidenziale nel momento dell’omicidio di Dallas, forse il fotogramma più famoso della storia. Jackie dice che con quello sparo è finito tutto questo, anzi tutto è iniziato da quello sparo. L’altra ossessione è per il tailleur rosa indossato a Dallas, quella dei suoi troppi abiti, della troppa carne di Marilyn, del troppo sesso di Kennedy. Il suo racconto è in apparenza privo di morale e di giudizio, quasi leggero, ma in realtà si sente tutto il peso della sua vita, dei suoi morti, dei tradimenti, della sua stanchezza, del suo essere icona per le edicole dei giornali. Alla fine cosa è Jackie? Sicuramente una prova straordinaria per Romina Mondello attrice di grazia, forza e spessore. Sicuramente una scrittura moderna e originale per un personaggio controverso e scontornato. Sicuramente una storia, anzi più storie (almeno tre: Jackie, Jack Kennedy, Marilyn) viste da un’angolazione inaspettata. Sicuramente molte domande.
nell’ambito del progetto “Un anno per la libertà di scrittura”