La classe è un docupuppets fatto da pupazzi e uomini, ma anche un rito collettivo in bilico tra La classe morta di Kantor e I cannibali di Tabori. Interpretati da pupazzi in mano mossi da un misterioso deus ex machina, questi ricordi/pezzi di legno si muovono senza pathos su dei tavolacci che ricordano i banchi di scuola, i tavoli da macello o i tavoli operatori di qualche esperimento che fu. Tutt’intorno silenzio. Solo rumori di matite che scrivono e di compagni che respirano. I genitori sono assenti, non pervenuti. Sono solo disegnati su un cadavere di lavagna, ma ben presto cancellati. Fabiana Iacozzilli indaga il rapporto tra la nostra infanzia e il diventare adulti: che cosa rimane dentro di noi delle esperienze e delle conoscenze acquisite da bambini?