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OVIDIO E ALTRE STORIE

Le lacrime di Mirra

«Perché in ogni metamorfosi è sempre il desiderio che si esprime, è l’unione amorosa che si manifesta, la stessa che tiene insieme l’anima del mondo. Perché alberi, umani, fiere, uccelli nascono dal dissidio dell’odio e dell’amore. Nell’uno tutto è difforme, nell’altro tutto si riunisce» (Filelfo, "L’Assemblea degli Animali")

Il mito di Mirra affronta un tabù ancestrale della civiltà occidentale: l’incesto. Un tabù talmente disturbante che lo stesso Ovidio chiede scusa al lettore quando si accinge a narrarlo. Anche la tragedia che Vittorio Alfieri le dedicherà nel 1784-86 sarà una delle sue più forti e anomale.

La principessa Mirra è soggiogata da un’attrazione sessuale oscura e indomabile per il padre Cinira. Con l’inganno arriva a giacere con lui e ne rimane gravida. Fugge. Prossima al parto, confessa agli dei la propria colpa e chiede di essere bandita sia dal mondo dei vivi che da quello dei morti. Gli dei ascoltano la sua preghiera. Mirra, piangente, viene trasformata in un albero che stilla gocce profumate. La corteccia si squarcia. Ne esce un neonato bellissimo. Giunone Lucina lo affida alle Naiadi che lo ungono con le lacrime della madre-albero. Si chiamerà Adone, e anche per lui la vita non sarà facile.


Mirra è un mito che “eccede”. Eccede tutto. Eccede la norma, non conosce limiti, rompe l’armonia delle cose, toglie il senso alle parole, la natura sembra voler scappare dalla visione. L’uomo è eccezionale tra gli animali perché è attraversato da questo “eccesso”, da questo bisogno di trascendere, di andare oltre il limite, oltre la normatività per rinnovare il senso della vita e sfuggire alla consapevolezza della morte. Il Mito, invece, ci ricorda che questo desiderio cela un immenso pericolo, ovvero il furor: l’eccesso da ciò che è consentito, da ciò che è umano. E ci condanna a punizioni celesti e alle conseguenze del nostro scelus. Mirra va contro la natura ma la sua metamorfosi in albero l’ha ricondotta alla fusione e all’armonia con la natura, a ciò che è “naturale”. Se prima i nostri occhi non potevano guardare il suo “eccedere” verso l’orrore, ora, la nostra pietas si riconcilia con lei, con le sue lacrime di resina, con il frutto del suo amore, con l’albero della mirra (o di Mirra). Ma, soprattutto, questa Mirra sarà un concerto. Sarà un rito dionisiaco di musica dal vivo, versi poetici, donne e uomini vivi, spiriti dei trapassati, desiderio ed eros. Sarà un modo di incontrarci di nuovo dopo tanto tempo… (M. Lorenzi – note di regia)

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