Proveniente da Colonia e in fuga dall’incubo nazista, Walter Benjamin giunge a Parigi il 18 marzo 1933. Non tornerà più in Germania. Concluderà suicida la sua vita di esiliato a Port Bou in Spagna, nel 1940. Quando scende dal treno nella capitale francese a pochi giorni dalla nefasta vittoria elettorale di Hitler del ‘33 ha 41 anni. Parigi è la città europea che, dopo Berlino, ama di più; la considera la vera capitale del ventesimo secolo. Ai passages parigini dedica la sua opera più geniale, nella sua Bibliothèque Nationale trascorre i momenti di maggiore serenità, di più importante concentrazione intellettuale. Egli stesso si trasforma nel flâneur descritto nei suoi lavori e i passages diventano lo scenario preferito di tante sue divagazioni.
Questo Passage teatrale, Conversazione con alcuni posteri, viene creato in una città psicologicamente parigina, anzi nella città “più psicologicamente parigina”, come ebbe a dire Piero Gobetti, e appunto nella cornice di un passage, la Galleria dell’Industria Subalpina o più semplicemente la Galleria Subalpina, che collega, a Torino, Piazza Castello e Piazza Carlo Alberto. È la più somigliante a tante di Parigi. Molte parole di Benjamin sembrano scritte per le botteghe della Subalpina: lo storico caffè, la libreria, l’antiquario, l’enoteca, il negozio di ottica, il cine-teatro Romano. Ma accanto allo stupore gioioso per le scoperte del girovagare affiora la tristezza di una dolorosa condizione di esule e di un futuro segnato. I passages parigini sono ancora oggi un motivo di grande attrazione: tra essi uno dei più ammirati è la Galerie Vivienne del 1823, con la libreria Jousseaume, una delle più antiche di Parigi.