Vercelli
La prima mossa è identificare una piccola, sonnolenta e sazia città di provincia dove collocare il teatro. Se i promotori e fondatori del futuro teatro fossero piuttosto stanchi della vuota ritualità degli eventi culturali che vi si svolgono, meglio: una certa dose di lucida ribellione è assolutamente necessaria. Il primo che vi parla di business plan o di marketing, mettetelo alla porta che ancora non avete e ditegli che avete bisogno di mani abili, instancabili e caratteri allegri uniti a una consistente e via via totale dose di tempo da dedicare ad attività solitamente definite marginali. La città di Vercelli risponde perfettamente a questi requisiti di base: l’indifferenza e lo scetticismo sono la religione locale, preparatevi quindi ad essere considerati eretici persino dagli artisti cittadini. Senza rispondere alle provocazioni e con un sorriso ingenuo stampato sul volto, procedete nella ricerca di un capannone dismesso e male in arnese nei pressi del centro storico, ma ricco di un suo passato produttivo e operaio.
Nel nostro caso, il capannone era stato sede di un’officina meccanica per la manutenzione delle pompe per l’acqua, poi di un maglificio e di chissà cos’altro. Nemmeno il proprietario dei muri se lo può ricordare e questo fatto vi offre la misura dell’impermanenza delle cose. Tali ex attività produttive costituiranno un monito perenne contro le esagerate aspettative con cui comincerete a fantasticare di folle oceaniche al botteghino. Ora che avete convinto subdolamente qualcuno a firmare il contratto d’affitto e quelli delle utenze, con il miraggio di diventare Presidente di un’Associazione Culturale di Grande Futuro, siete pronti a dare il via ai lavori.
Per i servigi dell’elettricista, offritegli la parte di Leporello, all’idraulico quella di Don Giovanni, al falegname date quella di Mackie Messer e così via. Sostenete con dotte argomentazioni stanislavskijane la tesi che se un attore può recitare nella parte di un Re scozzese, non si capisce perché un piastrellista non possa cavarsela in quella di Caligola. Ve ne saranno grati in eterno e lo racconteranno a figli e nipoti che, a questo punto, costituiranno il vostro primo pubblico.
Da qui in poi, la strada è tutta in salita e piena di curve ma bella e panoramica, e vi mostrerà un sacco di cose di cui nemmeno sospettavate l’esistenza: permessi, bilanci, fatture e soprattutto fogli excel. Il prezzo dell’utopia si paga in scartoffie, poi non dite che non vi avevo avvertito. Ultima cosa: se per caso avrete successo, ma lo escludo, gli insopportabili lo diventeranno ancora di più quindi fate molta ginnastica respiratoria.
Sandro Gino